OPPENHEIMER

Parlare di questo film per me non è facile. Non è facile perché ha un doppio valore, quello oggettivo di filmone importante, necessario, ma anche soggettivo.
Christopher Nolan è uno dei miei registi preferiti. Se non IL mio regista preferito in assoluto. C’è stato un momento della mia vita in cui non passava settimana, mese, in cui non riguardassi Inception (il film che me l’ha fatto scoprire). Ricordo esattamente la sera in cui sono andata al cinema a vedere Interstellar, con i miei zii, ed il senso di annientamento che avevo provato uscendo dalla sala. Ricordo le rocambolesche avventure per andare a vedere Dunkirk in piena Mostra del Cinema di Venezia, in una saletta del Lido durante un nubifragio (pioveva anche dentro la sala, ma non ce ne siamo accorti subito e abbiamo pensato fosse un effetto sonoro pazzesco). Ricordo Tenet, il primo film visto in sala dopo le chiusure per la pandemia. Nolan mi accompagna ormai da anni ed è il mio punto fermo nel cinema. È quel regista che devo vedere. L’ho pure cercato per tutta Cannes, con la sceneggiatura di Dunkirk in mano nella speranza di farmela autografare, quando nel 2018 si era presentato per una Masterclass blindatissima. È quel regista che quando mi siedo in sala ho l’adrenalina a mille in corpo e che quando ne esco sono una persona cambiata.
Quando la notizia di un altro film, un biopic storico, di questo maledettissimo genio sarebbe stato prodotto, con Cillian Murphy finalmente protagonista, ho cominciato il conto alla rovescia. E lo sappiamo, qui in Italia abbiamo dovuto aspettare un mese in più che nel resto del mondo (tolte alcune eccezioni). Ma l’attesa, ogni singolo minuto, è valsa la pena.
Oppenheimer è IL film dell’anno. È un’esperienza totalizzante. E sì, non è la prima volta che Nolan ce la fa, ma questa volta il gusto è diverso. È più intenso.

Regia, attori (tutti), effetti speciali, cinematografia, colonna sonora (anche se io continuo a chiedermi cosa sarebbe stato con una OST targata Hans Zimmer) non sono solo da Oscar perché sono gli Oscar a non essere abbastanza per questa pellicola. Come si può ridurre il lavoro colossale fatto da Murphy nei panni di Oppenheimer ad una statuetta dorata? Se la merita, per i suoi sguardi tormentati di anima irrequieta, come se la merita Robert Downey Jr che, finalmente smarcatosi dall’MCU, può tornare a brillare per quel grande attore che è ed è sempre stato. Se la merita Nolan, e sarebbe anche ora che uno dei registi più visionari della storia del cinema (che piaccia o no, questo è innegabile) lo vincesse. Eppure, anche così, io lo troverei paradossalmente riduttivo, troppo poco.

Nonostante Barbie, e non certo grazie a Barbie, questo film è diventato campione d’incassi, un record stracciato dietro l’altro per un biopic storico su cui molti, a pochi giorni dall’uscita in sala, non scommettevano. Sì, dicevano, sarà un gran bel film ma come può attirare le masse al cinema? Eppure, ad un mese dall’uscita negli USA, Oppenheimer ha raggiunto i 750 milioni di dollari. Un record assoluto per un film del genere. E basta vederlo al cinema per comprendere il perché di questo record.

Ci sono tre film diversi. C’è il film di spionaggio, c’è il biopic intimista e c’è il film di denuncia, tutto perfettamente incastrato in uno dei meravigliosi meccanismi partoriti dalla mente di Nolan. C’è l’oggettivo, in bianco e nero, c’è il soggettivo, a colori. Ci sono i dubbi, i successi ma soprattutto gli insuccessi non solo dello scienziato, ma del genere umano. Ed è questo che rimane, quando lo schermo diventa nero, le luci della sala si riaccendono. Un soffocante senso di colpa che noi, il pubblico, gli esseri umani, condividiamo con il protagonista.

Non è un film che ha bisogno di dirci esplicitamente che gli effetti delle due bombe sulla popolazione giapponese sono state devastanti. Nel 2023 non dovrebbe nemmeno esserci bisogno di dirlo, senza contare che non è un documentario sulla bomba atomica ma un biopic sul suo inventore. Non ci deve nemmeno esplicitamente dire che la guerra e le sue conseguenze sono il male, perché è la Storia a presentarcene il crudo conto, dovremmo saperlo, dovremmo capirlo da noi. Ed è per questo che, come su, prevale uno schiacciante senso di colpa. La bomba siamo noi. La Morte, distruttrice di mondi, siamo noi.

Quello che Nolan ha fatto con questo film è mastodontico. Vederlo una sola volta è impossibile, si esce dalla sala consapevoli e vogliosi di tornare subito a vederlo (da qui, anche, gli incassi stratosferici). Si è annientati, totalmente, dalla potenza che ci ricorda cosa il Cinema, quello vero, quello genuino, quello fatto con passione, è capace di fare.
E forse nessuno di loro si renderà mai davvero conto di che cosa abbiano fatto con questo film. Ma per me, oltre a ricordarmi perché il Cinema è l’amore della mia vita, lo hanno salvato.

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